Eccomi di nuovo qui a parlarvi di un nuovo libro. Oggi faremo un salto indietro nel tempo, durate la Seconda Guerra Mondiale. Vi parlerò di un romanzo che narra la storia di un sopravvissuto agli orrori nazisti e che mi ha appassionato in modo diverso rispetto agli altri libri dello stesso genere che ho letto. Vi parlerò de Il tatuatore di Auschwitz di Heather Morris.
Il cielo di un grigio sconosciuto incombe sulla fila di donne. Da quel momento non saranno più donne, saranno solo una sequenza inanimata di numeri tatuati sul braccio. Ad Auschwitz, è Lale a essere incaricato di quell’orrendo compito: proprio lui, un ebreo come loro. Giorno dopo giorno Lale lavora a testa bassa per non vedere un dolore così simile al suo finché una volta alza lo sguardo, per un solo istante: è allora che incrocia due occhi che in quel mondo senza colori nascondono un intero arcobaleno. Il suo nome è Gita. Un nome che Lale non potrà più dimenticare. Perché Gita diventa la sua luce in quel buio infinito: racconta poco di lei, come se non essendoci un futuro non avesse senso nemmeno un passato, ma sono le emozioni a parlare per loro. Sono i piccoli momenti rubati a quella assurda quotidianità ad avvicinarli. Dove sono rinchiusi non c’è posto per l’amore. Dove si combatte per un pezzo di pane e per salvare la propria vita, l’amore è un sogno ormai dimenticato. Ma non per Lale e Gita, che sono pronti a tutto per nascondere e proteggere quello che hanno. E quando il destino tenta di separarli, le parole che hanno solo potuto sussurrare restano strozzate in gola. Parole che sognano un domani insieme che a loro sembra precluso. Dovranno lottare per poterle pronunciare di nuovo. Dovranno conservare la speranza per urlarle finalmente in un abbraccio. Senza più morte e dolore intorno. Solo due giovani e la loro voglia di stare insieme. Solo due giovani più forti della malvagità del mondo.
Ho appena finito di leggere questa testimonianza e ho deciso di scrivere subito il mio pensiero, ancora travolta dalle emozioni che questo libro mi ha suscitato.
Non è facile parlare di romanzi come questi, perciò farò del mio meglio per cercare le parole giuste per esprimere quello che penso.
Se avete letto il mio post sulla Polonia, sapete che sono stata ad Auschwitz e che ho visitato il campo di concentramento di Auschwitz e Birkenau. Al termine di quel viaggio, angoscia, tristezza e rabbia mi hanno fatto compagnia per diversi giorni. Ecco, questo libro ha riportato a galla tutto quanto, insegnandomi cose nuove, ma soprattutto facendomi conoscere un uomo che ha avuto la forza di affrontare gli orrori più indicibili.
Questo è il primo romanzo che leggo che parla di una storia d’amore nata all’interno di un campo di concentramento ed è un racconto indimenticabile. Qui l’amore prevale sulla guerra, su tutto, e quello che succede a Lale e Gita mi ha commosso pagina dopo pagina.
Come tutti i romanzi di guerra, Il tatuatore di Auschwitz induce il lettore a riflettere sugli aspetti quotidiani, ad esempio come può essere banale per noi mangiare un pezzo di cioccolato, ma per i prigionieri dei campi, invece, era qualcosa per cui erano disposti a rischiare la vita. Così come per qualche razione in più di cibo.
La storia tra Lale e Gita, inoltre, fa capire quanto grande fosse il loro amore: dagli sguardi pieni di parole alle carezze rubate, dal corteggiamento alla passione. E tutto questo avviene di nascosto, lontano dagli occhi delle SS.
In un periodo triste e buio dove nessuno vedeva una via d’uscita, Lale e Gita sono riusciti a sopravvivere grazie alla fortuna e al loro amore, che ha dato loro la forza di non abbandonare le speranze.
Sono veramente grata ad Heather Morris di aver portato alla luce questa storia.